Buona lettura!
UN, DUE, TRE, SALTINO!
A: «Tu sai, amico mio, che le mie non sono
esattamente favole, ma piuttosto parabole che, adattate alla vita quotidiana,
ci permettono di sentirci spiritualmente edificati. In pratica, dopo aver
ascoltato le mie parole, si è persone migliori: più buoni con gli altri, ma
anche più attente verso sé stesse e ciò vale anche per quella che vado a
raccontarti.
“In un paese piccolo piccolo piccolo,
abbarbicato sul versante est di una montagnola bassa bassa bassa, viveva
Saltino. Un ragazzetto come tanti altri, se non fosse stato che ogni tre passi
faceva un saltino: destra, sinistra, destra, saltino – sinistra, destra,
sinistra, saltino e così via, tutto il giorno da tutta la vita.
Viveva beato nel mondo incantato, sicuro della
felicità aver trovato e di essere da tutti adorato.
Immagina tu prendere un tram stracolmo nell’ora
di punta con uno che continua a camminare sul posto e ogni tre battute salta,
oppure procedere in mezzo ad uno stormo di piccioni pregando in diciotto lingue
che non si alzino e poi arriva il cretino di turno che salta, terrorizza i
volatili e crea un vero tornado di pennuti virulenti.
In più, quando saltino era veramente di buon
umore (e purtroppo capitava spesso), si sentiva in obbligo di verbalizzare la
sua mania: “Uno, due, tre, saltino! Un, due, tre, saltino!” E siccome Saltino
era uno molto religioso, era ben contento di andare a tutti i funerali del
paese piccolo piccolo piccolo e durante tutto il corteo continuava, incurante
dei pianti della vedova, a sorridere come uno scemo e a ripetere: “Uno, due, tre,
saltino!”
Ma Saltino non era l’unico abitante un po’
particolare sul versante est della montagnola bassa bassa bassa. Viveva lì
infatti anche una fanciulla dal cuore vivace e dalla mente arguta: il suo nome
era Spintina.
Spintina era assolutamente incapace di
trattenersi: quando passava accanto ad una persona, doveva darle una leggera
spallata, non forte abbastanza da provocare dolore, ma sicuramente efficace nel
suscitare, alla lunga, una nevrosi. Non so se hai presente, giusto per darti
un’idea, quelle persone che mentre ti parlano continuano a infilarti indice e
medio nella carne della spalla e a cui, al secondo tocco, vorresti rompere
entrambe le dita con un solo gesto, scoprendoti capace di una ferocia che non
sapevi neanche di possedere. Ecco, la sensazione che si provava accanto a
Spintina era più o meno la stessa.
Spintina era guidata da un sacro fuoco che la
costringeva a mettere in atto il suo personalissimo saluto proprio con chiunque
vedesse: così se vi incontravate in campagna e lei ti intravedeva sfocato nella
bruma, a trecento metri di distanza, cominciava subito a correre per
raggiungerti e colpirti. Risultato: prendeva una rincorsa che la rendeva più
letale di un proiettile (però era molto divertente se riuscivi a scansarti
all’ultimo minuto!)
Tra l’altro, essendo il paese piccolo piccolo
piccolo, in uno stesso giorno potevi incontrarla anche dieci volte: a sera eri
costretto ad ingerire una boccetta di Valium per poter adoperare la forchetta
senza sbriciolarla tra le mani.
In più Saltino e Spintina spesso uscivano
insieme creando, specialmente nei luoghi affollati, dei momenti di vera
tensione.
Ma come mai nessuno li aveva ancora presi a
schiaffoni? Mi domanderai. Perché nel paese piccolo piccolo piccolo c’era una
severa legge morale che impediva ad ogni abitante di fare volontariamente del
male a qualcuno. Da anni i saggi che governavano la cittadina si scervellavano
per trovare una soluzione che ponesse definitivamente fine alla questione (ma
proprio fine fine fine, perché non ne potevano veramente più) ma nessuno era
ancora riuscito a trovarla.
Un giorno però accadde qualcosa di
straordinario: uno degli abitanti del paese, inseguendo una libellula in un
prato (un giorno che aveva rotto col passato), arrivò fino alla cima della
montagnola, che si trovava a ben otto minuti di cammino dal centro del paese e
dove quindi nessuno era mai stato, e scoprì, con sua grande sorpresa e anche
con una certa apprensione, che dall’altra parte, sul versante ovest e poi giù
per tutta la valle, c’era un paesone grande grande grande.
La sera si trovò intorno al fuoco con i saggi
del paese, dodici ometti vecchissimi, per discutere il da farsi: la maggior parte di loro pensava che fosse meglio vivere
come se quella scoperta non fosse mai stata fatta ma, mentre discutevano di
queste cose seduti intorno al fuoco, Saltino e Spintina, che quella sera erano
usciti insieme, li videro…
Il bilancio della serata fu: tre omeri
fracassati, diciotto piedi schiacciati (con relative micro fratture degli
alluci e dei mignoli), due ustioni di secondo grado e qualche dente saltato…
Il giorno dopo i dodici saggi e l’uomo che
aveva visto il paesone grande grande grande si ritrovarono davanti al camino
del’infermeria: ora sapevano cosa fare!
Due giorni dopo avevano stretto accordi
commerciali e matrimoni di convenienza con gli abitanti del paesone e vollero
invitare un rappresentante della macro-comunità a passare una lunga vacanza da
loro. Quella sera, mentre i saggi e il loro ospite sedevano al desco, un messo
fu mandato a chiamare Saltino e Spintina.
12: «Cari Saltino e Spintina, voi avrete
l’onore di accompagnare il nostro ospite in questi tre mesi di permanenza
presso la nostra micro-comunità, sappiamo che andrete d’accordo. Ve lo
presentiamo: si chiama Schiafforne».
Nel paese piccolo piccolo piccolo quella notte
furono botte da orbi!
Da quel giorno nel paese, ogni volta che
qualcuno faceva anche solo un leggero balzello, ovunque si trovasse, gli
arrivava subito uno sventolone dritto alla nuca che lo tramortiva per giorni e
gli faceva passare subito la voglia di fare il cretino.
E se, anche solo per sbaglio, qualcuno toccava
con la spalla un altro essere umano, prendeva un ceffone talmente forte da
sentire il fischio nell’orecchio fino al Natale successivo. Nonostante questi
piccoli svantaggi però, tutti furono più felici (tranne ovviamente i rockettari
e i giocatori di rugby, che dopo ogni concerto o partita avevano la faccia
conciata come un melograno aperto).
La favola insegna che: se dai fastidio alla fine le prendi”.».
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