LA PARABOLA DELL’EVOLUZIONE ANTROPOMORFA


Coppia di animali antropomorfi
Cari amici, qui di seguito pubblico un breve brano tratto dal mio romanzo, sperando di farvi sorridere.
Il dolce signor Niente è un giallo ma quello che ho deciso di inserire qui è un contrappunto, una "controscena", la storia inventata e raccontata da uno dei personaggi.

«Alle origini del mondo solo Dio (leggi Allah, Budda, Jahve, Geova nelle diverse traduzioni) possedeva le chiavi del grande laboratorio di genetica (“Costruzioni ex novo e riparazioni, anche fuori garanzia”). Dio amava gli animali: con impegno li aveva prima inventati solo sulla carta, copiandoli abbastanza fedelmente dai peluche che aveva avuto nella culla, e poi finalmente, dopo quasi quattro giorni (che per Dio sono tantissimi, a Lui basta un giorno per dividere terra e cielo, figurati impastare qualche miliardo di Maxi Trudi, uff!) .... Comunque, dopo quattro giorni li aveva effettivamente creati, popolando la nuovissima Terra di migliaia di forme e colori animati. Egli amava tanto i suoi animali e il suo preferito era la scimmia; gli sembrava il più assurdo, il più bizzarro di tutti: non strisciava, non volava, raramente camminava su tutte quattro le zampe. E sì, era assolutamente diverso da ogni altro: non assomigliava proprio a niente, assolutamente a niente che avesse mai creato prima. Si affezionò tanto a gorilla, scimpanzè e cugini che non capiva perché questi un giorno sarebbero dovuti morire come mostravano i documentari. Credendo di non poter sopportare un simile dolore ed un tale spreco (Dio è senz’altro il primo degli ecologisti) decise di rendere la sua specie prediletta immortale.

Ben tornata Milanesa!

Con questo breve racconto, apparso qualche settimana fa sulla Provincia di Varese, mi piace prepararvi alla lettura del nuovo romanzo dedicato a Michela Borellini, da ieri in libreria. ;-)

Da quando si era stabilità a Napoli, era la prima volta che tornava su. Era eccitata: a Varese nessuno l’avrebbe chiamata la Milanesa, presa in giro per l’accento, indicato tutti i monumenti con la smania di spiegare, di mostrare.
“Tela chi la terunella! Sent adess cuma la parla. Ma te sa regordat anca mo’ ul Garibaldin’?”
Ecco appunto. Ettore, 92 anni e un proiettile saldamente conficcato nel femore, le stava dimostrando che ormai, ovunque sarebbe andata, si sarebbe sentita un po’ a casa e un po’ straniera. Il vecchio partigiano le dava appuntamento sempre in centro, simbolicamente in qualche luogo importante per la storia della città. Invece questa volta, senza nessun preavviso, si era presentato a casa dei suoi, al Gaggianello, dove Michela aveva intenzione di trascorrere quei tre giorni fra le coccole culinarie di sua madre.
C’era stato un omicidio, diceva, una cosa losca.