Tema: reale o virtuale

Ecco il racconto con cui sono arrivata seconda al "2 campanili".
Spero vi strappi un sorriso e vi sfido a trovare il riferimento letterario nascosto...

La barba sfatta tipo Paul Newman versione far west, più che un divo del cinema sembrava l'uomo di Neanderthal in una giornata particolarmente storta. Guardandosi nella vetrina del negozio, fu colto dall'immagine della sua testa montata su un abito gessato di Valentino. Ma per fortuna con un piccolo movimento cancellò l'illusione ottica, l'abito firmato rimase di proprietà del manichino e lui si ritrovò a specchiarsi nei suoi bermuda cachi e nella sua camicia a maniche corte.
«Govi, non entra?». Lo rimbrottò il medico legale, sporgendosi dalla porta del negozio accanto. Era già stufo di aspettare, tanto più con quell'aria condizionata a lama di coltello che gli stava incrocchiando il collo.

Il cadavere era prono, palmi spalancati rivolti verso l'alto e bocca serrata sull'ultimo grido.
«L'aria condizionata che parte in automatico alle 7 è la causa del bel colorito sano del nostro paziente  – attaccò il dottore, senza aspettare alcuna domanda – in realtà è morto da almeno quattro ore, quindi intorno alle sei di questa mattina. Un solo proiettile nel collo, ipotizzo sparato da circa mezzo metro di distanza e senza silenziatore». Nel frattempo, come richiamato da una parola magica, un tecnico della scientifica gli rifilò un cilindro in plastica con dentro un proiettile. Fu sempre il medico legale ha dare le spiegazioni: «Trovato nel muro, lo vede quel foro?».
Lo vedeva, in effetti.
Poi uno sparo. O una bomba. O un attacco aereo. Comunque qualcosa che fece un sacco di baccano alle loro spalle. I due agenti accanto a lui si girarono armi in pugno e si misero a sparare come pazzi e addio alla scena del crimine! Govi, forse grazie all'esperienza maturata in 25 anni di servizio, fu invece più lungimirante e si buttò a terra, pancia sotto, mani intrecciate sopra la nuca e grida di terrore a non finire che, aggiungendosi a quelle del medico legale, facevano tanto gruppo di bambine di tredici anni che guarda un film horror come gran finale di un pigiama party.
Quando il video gioco che aveva emesso il suono scatenante fu definitivamente trivellato di colpi, a qualcuno venne il sospetto che la reazione fosse stata un po' eccessiva. «La prudenza non è mai troppa», concluse il medico legale, gran ghiottone di frasi fatte e luoghi comuni.
Fu solo dopo essersi ripreso dallo spavento che Govi si chiese in che tipo di negozio si trovasse. Non era mai passato in quella via. Non a piedi, si intende. Govi non camminava. Se non fosse stato perché a volte lo si vedeva fermo in piedi, magari compiere un passo dalla tazzina alla zuccheriera, si sarebbe potuto dire che non ne fosse capace. Come quando qualcuno dice "non so nuotare", lui avrebbe benissimo potuto rispondere: «Vi raggiungo in auto, non so camminare». E quando si guida, le vetrine dei negozi, si sa, non si guardano.
Il cadavere comunque era stato trovato un'ora prima dal commesso della sala giochi che solo ora Govi notò sul marciapiede. Appoggiato con la schiena ad una camionetta della polizia, aspettava annoiato che gli agenti finissero di fare i rilievi e gli dedicassero la loro attenzione. Govi lo raggiunse.
«Lo conosce il morto?».
«È il proprietario». Lo disse strascicando le parole, proprio come un trentenne che vuol sembrare a tutti i costi adolescente. Ma Govi portava le braghe corte e non se la sentì di giudicare…
Non era usuale che il proprietario fosse di notte nel negozio, disse il "ragazzo", ma da un paio di giorni non se ne andava mai. Passava le ore attaccato ad un terminale, uno tra le dieci postazioni che permettevano l'accesso alla rete e dove i clienti potevano navigare pagando ad ore, spiegò.
Govi fece finta ci capire. Quello proseguì:
«A casa aveva una connessione molto più lenta, così…».
Govi fece un pesante cenno d'assenso con il capo, corrucciando espressivamente le labbra. «Certo, certo.  Aveva bisogno di navigare molto più velocemente. Questione di rete». E annotò sul taccuino: "Il morto teneva in negozio l'attrezzatura per il suo hobby: la pesca in mare aperto".
«Che faccio, commissario?». Lo interruppe il tecnico della scientifica. «Faccio analizzare il computer?»
«Il computer? Ma, se le sembra importante, faccia un po' come vuole. Io vado a bere un caffè».
Mentre era seduto al bar, cominciò a montare in lui il sospetto che qualcosa, in quella brutta faccenda, forse stava sfuggendo alla sua comprensione.
Mezzora dopo il tecnico lo raggiunse. «Craccare la password è stato un gioco da ragazzi. Posso dirle dove è stato, virtualmente intendo, il morto nelle sue ultime quarantott'ore».
«Quindi?». Lo incalzò Govi.
«È stato in chat».
«Virtualmente?».
«Ovvio!».
«Virtualmente il morto è stato quarantott'ore in Ciat? E tu lo sai dal suo computer?».
«Ovvio!».
«Perché hai trovato i biglietti aerei». Tirò ad indovinare il commissario con poca convinzione.
«Quali biglietti?».
«Quelli per il Ciat».
«La chat». Lo corresse il tecnico.
«La Repubblica del Ciat?». Azzardò Govi.
«Commissario, ma quale repubblica d'Egitto?».
«E adesso cosa centra l'Egitto, non è andato quarantott'ore in Ciat?».
«Virtualmente!».
«E realmente?». Gridò Govi esasperato.
In quel momento entrò il medico legale. E gli diede un ceffone! «Sveglia Govi! La chat è una stanza virtuale in cui persone, anche distanti migliaia di chilometri, parlano tra loro scrivendo».
«Gliela faccio più semplice – riprese il tecnico  che aveva capito la gravità della situazione– è come il telefono ma si scrive invece che parlare e l'interlocutore può anche essere una persona che non abbiamo mai visto».
«E il morto ha scritto per quarantott'ore? A chi?». Govi aveva una guancia paonazza.
«Questo non glielo so dire perché la conversazione è stata cancellata ma c'era una sola finestra di dialogo, quindi l'interlocutore è stato uno soltanto per tutto il tempo».
Il morto aveva chattutto (Govi non era sicuro si dicesse così) per quarantott'ore con una persona e allo scadere di quei due giorni era stato ucciso. Il suo infallibile istinto gli diceva che le due cose non potevano che essere collegate.
Nel frattempo dalla centrale arrivarono le notizie sul morto: il defunto signor Galletti, all'anagrafe Emilio, aveva quarantadue anni, non era sposato, nel 2003 aveva acquistato la sala giochi e lì lavorava. Non gli erano note altre proprietà né pendenze giudiziarie d'alcun tipo. Insomma, un benemerito fico secco da cui partire con le indagini. Govi, sempre seduto al bancone del bar, ebbe un lampo di genio?
«E se fosse stato in ciat con una donna?».
«Per forza – si intromise il medico legale che  si stava facendo un bianchino – con chi le sembra che si possa stare a ciarlare giorni se non con una donna? Magari con la speranza di incontrarla in carne ed ossa?».
«Statisticamente – attaccò il tecnico mentre addentava un tost – la maggior parte di quelli che cercano incontri nel mondo virtuale, in realtà ambiscono a concretizzare il rapporto nel mondo reale, non so se mi spiego…».
«Comunque – aggiunse dopo aver dato un altro morso – una persona la possiamo escludere dalla lista dei sospetti».
Averla una lista dei sospetti! Pensò Govi.
«L'interlocutore del morto, o l'interlocutrice, se vi garba, è stata attiva all'interno della chat ancora per due ore dopo il decesso. Evidentemente si domandava come mai d'improvviso Galletti non le rispondesse più e magari lo incalzava affinché ricominciasse a scrivere. Per questo è rimasta la sua traccia nella rete.
A ridaje con 'sta storia della pesca! Cosa centrasse, Govi non riusciva proprio a capirlo.
«Eppure le due cose non possono che essere collegate - riprese il commissario – e finché non sappiamo chi è la donna siamo bloccati. Conviene andare a casa a mangiare».
«Ma commissario – si sbalordì la barista – nelle ultime due ore ha mangiato sette panini burro e salame e tre brioches con la crema!».
«Aperitivo! Comunque hai ragione, non ho voglia di camminare fino alla macchina – che si trovava appena fuori l'ingresso del bar – mangio qui».
Consultò la lista per circa venti minuti. «Portami due panini burro e salame e una brioches alla crema».
«Commissario, ecco l'indirizzo IP del server da cui si è connessa l'interlocutrice. L'ho rintracciato a due isolati da qui, in via Georges Simenon, 3 ».
«Veramente o virtualmente?».
«Cosa?».
«L'indirizzo è un indirizzo virtuale o reale?». Govi si era fatto dare delle ripetizioni dalla barista durante il pranzo ed era certo di fare bella figura.
«Ma commissario è l'indirizzo di una via, come può essere virtuale?».
«Ragazzo, di questi tempi non c'è da stupirsi più di nulla!».
«Neanche del fatto che tu sia commissario…». Soffiò fra i denti il medico legale.
«Andiamo a conoscere questa signora». Incitò Govi. Ma dopo dieci panini e quattro brioches, il salto dallo sgabello non gli venne agile come la situazione avrebbe richiesto.
La signora Elisa Moscato li ricevette in vestaglia di pile e piedi scalzi, con in mano un romanzetto d'appendice sull'amore tra il moschettiere D'Artagnan e la bella Constance.
Aveva cinquantotto anni e non era una bella donna: magrissima e di piccola statura, sembrava si fosse accartocciata intorno alle sue stesse ossa. Così Govi si immaginò che il morto, che era un quarantenne attraente, snello e curato, non potesse aver passato quarantotto ore chiacchierando avidamente con lei.
«Ha una figlia, signora?».
«No, due maschi». Rispose quella, che sembrava non potersi immaginare il perché della visita di quello strano terzetto.
«Usano il computer?». E qui la donna ebbe un sussulto.
«Perché, è reato?».
«Giammai, mia cara – a Govi era bastato vedere la copertina richiamante I tre moschettieri per calarsi completamente nella Francia del 1600 – ma è mia necessitade aver codesta informazione».
«Quello che il mio collega intende – disse il medico legale dopo avergli rifilato un ennesimo scapaccione – è che abbiamo bisogno di sapere chi ha usato il Pc negli ultimi due giorni».
Così quella, sempre più spaventata, «Bhè, mio marito è rientrato questa mattina con il camion dopo una settimana di lavoro e ora dorme e i ragazzi sono in vacanza con gli amici».
Govi cominciava a riprendersi dalla sventola. «Ci sta dicendo che l'unica ad avere accesso al computer in questi due giorni era lei?».
Quella annuì arrossendo.
«Quindi lei faceva la ciat con il Galletti?».
Al medico legale prudevano le mani.
«Non capisco cosa intende. Sì, comunque, io recentemente ho parlato on-line con un amico virtuale».
E basta! Govi non ne poteva più di questa storia del virtuale. Né di prendere ceffoni.
«Signora, dica tutto e non mi faccia perdere la pazienza!».
Quella parlò con un filo di voce, un po' per la vergogna, un po', immaginò Govi, perché il marito dalla camera da letto non potesse sentire.
Da circa quindici mesi, la signora Moscato (in rete
Betty Boop) intratteneva quella che lei definì una dolce amicizia con uno sconosciuto che in chat si faceva chiamare Popeye e al quale doveva aver raccontato un sacco di bugie sulla sua età, il suo lavoro e, soprattutto, il suo aspetto fisico. Così a Govi, che della vera natura di quella "dolce amicizia" si era fatto un'idea molto precisa, veniva da ridere a pensare al bell'Emilio Galletti che si intrattiene (se pur virtualmente, si intende) con la signora Moscato, convinto di avere una tresca con una sposina ventiseienne alta 1.75, di 54 kg e con un bel seno prosperoso.
Di solito chattavano per poche decine di minuti, racconto Betty Boop, ma la felice assenza di tutti i maschi della famiglia aveva fatto sì che i due amanti virtuali si dedicassero per giorni l'uno all'altra.
«Adesso posso sapere perché mi fate queste domande?».
Govi glielo disse e quella diede di matto. Non riusciva neanche a trattenersi a favore della serenità coniugale, che il marito sentisse pure: lei era distrutta! Piangeva, si strappava i capelli, ripeteva frasi da foto romanzo.
Dopo parecchie decine di minuti, ancora non erano riusciti a calmarla e Govi si stupì di come il marito potesse non essersi svegliato in quel baccano. Fu allora che decise, senza chiedere permesso, di entrare in quella che immaginava dovesse essere la camera matrimoniale.
Il corpo era sul letto, supino, e se non fosse stato per la macchia di sangue che incrostava le coperte, poteva sembrare che dormisse.
Anche il medico legale entrò e costatò il decesso. «Non più di due ore fa». Disse.
Fu solo allora che Govi, tornato nell'ingresso, capì che quella vistosa macchia sulla vestaglia della signora Moscato non era di salsa di pomodoro.
«Perché l'ha ammazzato?».
«Perché non avrei mai potuto tradirlo, sono cose che una brava moglie non farebbe mai!».
Ma era ancora disperata per la morte dell'amante virtuale (non per quella del compagno che le era stato accanto per quasi tutta la vita) e non riuscì a dire altro.
Fu il tecnico della scientifica ad avere l'idea: se tanto il marito era morto, forse la Moscato non aveva avuto motivi per cancellare la conversazione in chat. Così si sedette al computer di casa. La pagina era ancora aperta, ecco perché era stato così facile individuare l'indirizzo IP.
Venne fuori che dopo quasi quaranta ore di chat, Galletti, che già più volte in quei quindici mesi aveva sollevato l'argomento, aveva iniziato ad insistere in modo sempre più determinato affinchè Betty Boop accettasse di incontrarlo. Le aveva persino scritto l'indirizzo della sala giochi perché lei lo raggiungesse subito. Quella però aveva resistito, se pur piena di rammarico.
Poi, d'improvviso, dopo il suo ennesimo "no", Popeye era sparito dalla rete. Era morto, ma lei non poteva saperlo.
Era sempre collegato ma non le rispondeva più.
Dai messaggi via via più frequenti che lei gli aveva scritto nelle ore successive, si capiva che si era convinta che lui si facesse negare a causa di quel rifiuto. I post si facevano sempre più allucinati ed ossessivi, fino al penultimo
Betty Boop says: non posso tradirlo VERAMENTE, la mia morale e la mia educazione non me lo permettono.
Betty Boop says: ma non temere, è tornato e dorme. Risolverò tutto.
E circa venti minuti dopo
Betty Boop says: fatto. Da adesso e per sempre sarò soltanto tua
Con questi toni da soop opera, la finzione era diventata così reale agli occhi della donna che ella stessa non si riconosceva più come la cinquantottenne, poco affascinante, Elisa Moscato. Era invece Betty Boop e non si era mai posta, durante quelle ore di follia, il problema che, una volta incontrata, Galletti avesse potuto non riconoscere in lei l'amante virtuale e magari arrivare ad odiarla per avergli mentito. Lei, probabilmente, mentre si immaginava corrergli incontro, si vedeva ventiseienne, alta e con un bel seno prosperoso.
Una volante venne a prenderla e Govi ricevette una telefonata del questore in cui si congratulava con lui per la repentina soluzione del caso.
Il Commissario ci mise circa quaranta minuti a spiegargli che il morto non era lo stesso morto a cui si riferiva lui e alla fine il questore rimase parecchio confuso da questa intricata vicenda in cui convivevano stanze virtuali e reti da pesca, barche a veloce navigazione e amanti che però non si erano mai visti. Così, per non fare la figura del fesso, finse di avere un quadro molto preciso e concluse con spocchioso disappunto:
«Due morti in poche ore? Questa città non è più sicura. Qualcuno dovrebbe spronare la polizia a lavorare meglio!».
Il medico legale, che aveva sentito la conversazione, si ricordò che era stato prorpio il questore a nominare Govi commissario e gli sembrò che questo spiegasse ogni cosa…
Comunque ancora non avevano la ben che minima idea di chi avesse ucciso il morto originario, Emilio Galletti, tanto più che la conversazione in chat scagionava completamente la Moscato.
«Commissario – gridò il tecnico dalla stanza da letto, dove stavano facendo i primi rilievi intorno al cadavere – guardi cosa c'è nel comodino del morto».
Una pistola. Il tecnico la studiò: mancava un proiettile e non era stata pulita dall'ultima volta che era stata usata. Prese subito le impronte e fece istantaneamente il raffronto. Erano del defunto marito.
«Fatemi capire – attaccò Govi a cui, assai inopportunamente, scappava da ridere – La moglie ammazza il marito per poter stare con l'amante ma non sa che lui è stato ucciso dal marito stesso poche ore prima?». Govi proruppe in un'oscena risata. Il medico legale lo menò per cinque minuti di fila, dovettero toglierglielo dalle mani perché non lo ammazzasse.
Intanto nel cassetto del comò, oltre alla pistola, il tecnico aveva trovato un telefono cellulare e lo aveva accesso. C'erano decine di messaggi lasciati dal figlio maggiore nelle ultime ore. La voce del ragazzo, agitatissima, spronava il padre a non uscire di casa finchè non fosse arrivato lui e gli assicurava che avrebbe preso il primo volo.
Ci vollero pochi minuti per scoprire in quale aeroporto sarebbe atterrato e a che ora, così Govi, con due soli denti in bocca e la faccia tumefatta, lo mandò a prendere.
Il padre lo aveva chiamato, raccontò, intorno alle 3 del mattino. Gli aveva raccontato di essere rientrato a casa con alcune ore di anticipo rispetto ai programmi e di non aver usato la chiave per non svegliare la moglie che immaginava stesse dormendo in camera da letto. Invece lei era appisolata sul divano vicino al computer, sembrava stanchissima.
Lo schermo acceso a quell'ora di notte lo aveva incuriosito. Così aveva scoperto che la moglie lo tradiva.
"Virtualmente!" aveva sottolineato il figlio al telefono. Il padre non aveva ribattuto e l'aveva salutato, promettendo di dormirci sopra, prima di decidere cosa fare.
Invece verso le 6.30 lo aveva richiamato ma lui dormiva e il telefono aveva squillato a vuoto finchè non era partita la segreteria.
In un messaggio assai più calmo di quanto ci si sarebbe potuto aspettare, il padre comunicava di aver ucciso l'amante della moglie e di aver cancellato ogni traccia della loro relazione dal computer di lui. Avrebbe dormito un po' e poi sarebbe andato a costituire.
«Sono un uomo ignorante -  spiegava prima di riagganciare – non capisco cosa intendi quando mi parli di virtuale. Mia moglie aveva un amante e mi tradiva nei pensieri. E i pensieri non sono né reali né virtuali ma sono la cosa più sincera che abbiamo, il luogo dove non mentiamo mai».

Il medico legale provò una fitta di dispiacere per la morte di quell'uomo genuino e filosofo, a modo suo. E anche per Galletti, che avrebbe potuto avere tutte le donne che voleva ed era andato a impantanarsi in una storia virtuale, forse cercando qualcosa di più reale di ciò che aveva.
L'unico che proprio non gli faceva pena era Govi che si gonfiava come un aerostato per i complimenti dei colleghi.
Sperò che facesse la fine dello Zeppelin. Quello del '37.

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