Arrivederci Carlo, inguaribile italiano

Quando mi dissero che c’era da intervistare Carlo Fruttero, a cui era stato assegnato il premio Chiara alla cariera, non stavo nella pelle. Scambiai un personaggio politico decisamente più in vista, per incontrare quell’ometto piccolo e magro, su cui la vecchiaia stava già infliggendo notevoli tormenti. Era il 2007 e, a dispetto dei miei sforzi, il maestro alla premiazione non ci venne, era malato. In cambio però presenziò la figlia Maria Carla. E non rimasi delusa. Fu una lunga intervista piena di emozione in cui la signora Fruttero mi raccontò con amore filiale di come il padre fosse ancora scosso per la morte dell’amico e collega Franco Lucentini e di come si fosse rifiutato negli ultimi quattro anni di scrivere: non riusciva, «gli sembrava di lavorare con una mano e un emisfero solo» mi disse Maria.
Voglio ricordarlo con le parole che ha lasciato, come eredità spirituale, a Massimo Gramellini e, come fiotto di speranza, a tutti noi: «Per il nostro Paese stanno arrivando tempi duri. Bisogna che io non muoia. Non posso prendere congedo proprio adesso. Sarebbe una fuga. Ma vedrai, ce ne tireremo fuori anche stavolta. Non dimenticarti chi siamo… L'Italia, no?».

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